Albert Einstein con Emanuele Severino
di Dru

Ho sempre visto in questi due uomini una sola persona, ma forse questa identità è dovuta al fatto che di loro ho letto qualche cosa che non ho letto negli altri


Qualcosa che li rende uguali c'è davvero: sono uomini che hanno una fiducia incommensurabile dell'uomo e credono nelle possibilità illimitate degli stessi, come altrimenti realizzabili le loro dottrine originalissime?
Entrambi sono fuori dal tempo che vivono ma entrambi quel tempo lo descrivono e lo plasmano con una maestria  e una pignoleria degna dei migliori miniaturisti.
 
Entrambi vengono ancora riconosciuti come immensi ma di difficilissima comprensione eppure entrambi con una semplicità quasi disarmante descrivono alla perfezione il mondo in cui viviamo.
 
Albert ci ha detto che le nostre impressioni e evidenze sul tempo e sullo spazio sono del tutto sbagliate eppure ancora oggi dopo più di 100 anni dall'anno mirabilis  (se non ricordo male deve essere il 1905) in cui il genio espresse una sola parte del suo formidabile pensiero attraverso 5 sue tesi, crediamo che quello che ci ha detto sia vero, come anche poi dimostrato, ma irreale, se per reale prendiamo le basse velocità, il mondo in cui viviamo, tanto che fu costretto in età avanzata ad esporre addirittura un principio di realtà.
 
Severino segue la stessa sorte, ci mostra il mondo che esiste e noi tutti non possiamo che dargli ragione, che è poi il vero, ma di fronte alla realtà non abbiamo il coraggio poi di sganciarci dal senso comune, fatto d'altronde capitato al loro ispiratore, Parmenide di Elea che si è preso del folle o ha dovuto subire il parricidio da parte dei suoi più grandi allievi Platone e Aristotele.
 
Si, perchè dovete sapere che, entrambi, per una sorte di richiamo olistico, sono estimatori del grande maestro di filosofia dell'antica Grecia.
Parmenide paragona l'Essere a una sfera perfetta, sempre uguale a sé stessa nello spazio e nel tempo, chiusa e finita (per gli antichi greci il finito era sinonimo di perfezione).
 
La sfera è infatti l'unico solido geometrico che non ha differenze al suo interno, ed è uguale dovunque la si guardi; l'ipotesi collima suggestivamente con la teoria della relatività di Albert Einstein che nel 1900 dirà: «Se prendessimo un binocolo e lo puntassimo nello spazio, vedremmo una linea curva chiusa all'infinito» in tutte le direzioni dello spazio, ovvero, complessivamente, una sfera (per lo scienziato infatti l'universo è finito sebbene illimitato, fatto di uno spazio tondo ripiegato su sé stesso).
 
E Severino del maestro: la nostra cultura, lpensa di potersi disinteressare del pensiero greco e di non aver nulla a che fare con esso.
Invece si tratta di rendersi conto che non solo la nostra cultura, ma l'intera nostra civiltà si sviluppa all'interno delle categorie che sono state espresse per la prima volta dal pensiero greco.
 
Ci sono anche dei segnali che fanno capire l'importanza dei Greci e in particolare modo di Parmenide.
È vero del resto che oggi qualche autore - ad esempio Popper - si interessa di Parmenide, e in generale c’è il segnale che non si tratti proprio di uno sconosciuto.
Per quanto riguarda i filosofi antichi, sappiamo che ad esempio Platone lo chiama "venerando e terribile".
Aristotele, che in genere è così compassato, dice che quelle di Parmenide sono maníai, cioè follie.
Eppure questa "pazzia" di Parmenide è il punto di riferimento per l'intera storia del pensiero filosofico.
Si tratta di capire che il pensiero greco stabilisce il terreno su cui noi oggi ci muoviamo, si tratta del terreno che potremmo chiamare ontologico.
 
"Ontologia", questo termine così tecnico, vuol dire riflessione sul senso dell'essere e del niente.
Queste due parole, "essere" e "niente", sembrano estranee al linguaggio nostro di tutti i giorni, ai nostri interessi, all'articolazione concreta del sapere scientifico; eppure queste due categorie costituiscono l'ambito all'interno del quale tutta la storia dell'Occidente è cresciuta, e si tratta anche di comprendere che queste categorie sorgono per la prima volta con i Greci.
Questo è importante perché i Greci non solo portano alla luce una teoria, cioè una comprensione del mondo che non era mai apparsa, ma anche una comprensione del mondo che consente di porsi come la prima grande forma di rimedio contro il dolore.
 
Quindi, secondo al mia opinione è errato insistere e considerare il pensiero greco, sin dalle sue origini, come una mera elaborazione teorica che non abbia il compito di prendere posizione rispetto a ciò che vi è di più angosciante nell'esistenza, e cioè il dolore.
Io credo che la nostra riflessione potrebbe procedere cercando di vedere quali sono i rapporti tra le categorie dell'ontologia greca e il dolore dell'esistenza.
 
Parmenide, trovandosi proprio all'inizio di questo processo è l'evocatore; infatti non abbiamo notizia che prima di Parmenide si sia parlato dell'essere o del niente, della contrapposizione infinita tra l'essere e il niente.
Il modo in cui Parmenide pensa è un modo singolare - e poi si tratterà di vedere che ne è nella storia della nostra cultura di questa singolarità. Parmenide evoca l'estrema minaccia, la contrapposizione infinita tra l'essere e il niente, ma insieme evoca il modo singolare di costruire un rimedio contro questa minaccia: il rimedio è dato dalla metafisica e l'ontologia.


Dru