Grillo parlante o comandante?
di Leretico

Nessuno si aspettava l'ampiezza della vittoria del Movimento 5 stelle. Soprattutto Bersani. Forse neppure Grillo, che si ritrova a dover cambiare strategia

 
Nessuno si aspettava l'ampiezza della vittoria del Movimento 5 stelle. Soprattutto Bersani, ma anche il suo collega di partito Fassino che qualche anno fa aveva invitato il comico genovese a fondare un partito, se ne avesse avuto la forza. Bene, Grillo ha trovato il modo di rispondere a Fassino non solo fondando un partito ma portandolo addirittura al successo. E pensare che a Grillo hanno negato anche la tessera del PD nel 2009. Insomma con lui il PD non ne ha azzeccata una.
 
Adesso i vincitori "mutilati" delle elezioni 2013 si stanno mangiando le unghie per non essere andati immediatamente al voto dopo le dimissioni del governo Berlusconi. In quei frangenti i dirigenti PD non ebbero il coraggio di fare una scelta difficile che li costringeva a possibili mosse impopolari. E la mancanza di coraggio li ha puniti negandogli oggi la vittoria completa.

Non solo non hanno vinto, ma hanno permesso a Berlusconi di riorganizzare le forze e di riguadagnare molto del terreno perduto.
Non credo proprio che Bersani vincerà il primo premio come migliore stratega politico della seconda repubblica, e forse neanche il secondo e il terzo.
In questo scenario il Grillo "parlante", dopo aver fondato il movimento che tutti conosciamo, e che i tedeschi impareranno a conoscere prestissimo, cavalcando l'onda della crisi e della arroganza della "casta", ha assestato un colpo micidiale alla politica di mestiere. Il suo movimento, dopo la vittoria in Sicilia, ha dimostrato di rappresentare tutto il malcontento e l'indignazione del paese verso la commedia dei politicanti incuranti della sofferenza delle famiglie, delle imprese e dei cittadini italiani.
 
Ora che ha raggiunto un risultato ragguardevole cominciano però i problemi.
La gente ha dato la possibilità al "clown" italico di entrare nella stanza dei bottoni, cosa a cui non era certo preparato.
Grillo pensava ad un massimo del 15-20% di voti che gli avrebbero permesso di stare all'opposizione in attesa del completo disfacimento della "casta" che finora ha sempre lavorato per lui. Sfortunatamente il successo è arrivato troppo presto. Che fare? Prima di tutto difendersi. E poi? Poi si vedrà, la strategia non si può cambiare in cinque minuti.
 
Anche per Bersani la strategia non si può cambiare in pochi minuti e nemmeno in pochi giorni. Alle primarie hanno vinto i conservatori e adesso chi glielo va a dire a Renzi che forse la sua linea, perdente nel PD, sarebbe stata vincente nel paese? Insomma insieme al giaguaro fra poco a Bersani toccherà smacchiare anche l'argenteria di casa per festeggiare il suo ritorno alle consolanti mura domestiche, visto che nel PD non sembra tirare per lui una buona aria dopo l'ultima vittoria-sconfitta.
 
Grillo si è convinto che l'unica via per salvare il movimento dal suo troppo grande successo è quello di prenderne personalmente il comando prima possibile.
Negare ogni possibile collaborazione con il vecchio mondo della politica è il modo per prendere tempo proprio per realizzare questa trasformazione.
Ma per prendere il comando ed esercitarlo bisogna creare una struttura gerarchica che mal si confà alla liquidità attuale del movimento e soprattutto può provocare dei danni notevoli alla sua compattezza interna, perché creare una gerarchia significa fare delle scelte foriere, in questa fase, di possibili scissioni, abbandoni o cambi di casacca.
 
Si capisce benissimo allora perché la prima cosa che Grillo vorrebbe cambiare è la Costituzione all'articolo 67 dove recita che gli eletti non hanno vincolo di mandato, cioè che gli eletti, una volta entrati nel palazzo del potere, sono liberi in qualsiasi momento di cambiare idea e votarsi ad altri programmi o ad altri partiti. Vorrebbe bloccare le vie di fuga  ai suoi grillini per mantenere l'unità prima di diventare il comandante in capo.
Grillo non avrebbe quindi il pieno controllo della situazione e teme che possa avvenire uno sfaldamento interno prima ancora di cominciare a muoversi. Insomma il Movimento 5 Stelle potrebbe morire molto in fretta, colpito a morte dalla stessa dinamicità che ne ha determinato la vittoria.
 
Un altro elemento, forse il più determinante per il futuro del M5S, è l'eterogeneità ideologica dei suoi componenti, uniti da delusione, mancanza di speranza per il futuro, indignazione, ma separati nei valori fondamentali in cui credono.
Quando si dovranno fare delle scelte importanti, in cui saranno chiamati in causa i valori più profondi, potrebbero trovarsi drammaticamente divisi e discordanti tra loro.
Cosa in cui ovviamente sperano gli avversari.
 
Questi ultimi, però, farebbero meglio a metabolizzare cosa il popolo italiano ha voluto esprimere con l'ultimo voto. E sarebbe meglio che la stessa valutazione la facessero anche i politici di quelle zone dove il M5S è arrivato terzo, come nelle province lombarde tra cui la provincia di Brescia. Perché, se non prendono il coraggio a due mani e non cambiano in profondità le logiche della gestione del potere e soprattutto delle finanze locali, alle prossime elezioni, non troppo lontane sembra, il movimento di Grillo potrebbe arrivare senza troppa sorpresa al primo posto.