La social democrazia italiana
di Aldo Vaglia

Mi stimola sviluppare un argomento che vede la sinistra italiana ingarbugliarsi in una ricerca infruttuosa di formule da altri sperimentate con successo e che per lei sono sempre state un fallimento


Ci può essere una SPD italiana? è la domanda dell’amico “doc” mentre ascolta Gaber, a dieci anni dalla morte, e  esprime il desiderio: “mi piacerebbe provare, prima di ulteriori salti nel buio una moderata onesta tranquilla socialdemocrazia basata sull’equità sociale e sul lavoro”.
Se analizziamo razionalmente la storia ci sono poche speranze che i sogni si trasformino in realtà.
Il paese del “gattopardo” del cambiare tutto perché nulla cambi, ha difficoltà ad applicare ricette che funzionano in altri paesi. Il fallimento del bipolarismo, delle leggi elettorali, del federalismo ne è la riprova.

Dalla scissione del partito socialista del '21 a Livorno in cui si accusavano i moderati di essere la causa dell’avanzare dello squadrismo fascista. Per proseguire con l’emarginazione di Bordiga del '26 perché massimalista e bolscevico, le anime della sinistra hanno avuto più motivi di dissidio che di convergenza.
Nel dopoguerra un partito con il nome di Social Democratico, sponsorizzato dagli americani, ha avuto il ruolo di rompere l’alleanza tra lavoratori, ruolo proseguito dai sindacati.
Il partito socialista si è sfasciato travolto da scandali. Il partito comunista ha cambiato nome perché essere comunisti dopo l’89 non era più alla moda.

Una delle espressioni più negative che usano i conservatori tedeschi per disprezzare i rivali dell’SPD è Toskana Fraktion per i Cechi è addirittura sinonimo di corruzione.
Nonostante la brutta opinione che i tedeschi hanno degli italiani, specialmente quelli colti nutrono per  l’Italia un amore tormentato quasi un’attrazione fatale, che fino dai tempi di Gothe  e dei viaggiatori romantici, li affascina li intriga li lusinga, sempre pronti comunque a riaversi con orrore da questo stravolgimento.
È in questo razzismo simbolico che “Tonio Krogher alias Thomas Man” mette da una parte “l’eticità” del nord borghese e germanico e dall’altra la “Bellezza” amorale del sud latino.
Eppure è il socialdemocratico tedesco Schroder che vuole fortemente l’Italia nell’euro.

Con il pessimismo della ragione non possiamo che vedere l’Italia condannata dai suoi vizi, ci può salvare solo l’ottimismo della volontà.
Nemmeno la scopiazzatura della Grosse Koalition del governo Monti ha prodotto frutti politici.
Siamo bravi ad inventare partiti, ma gli statisti non si comprano al mercato. Lega, Movimento 5 Stelle, lo stesso PDL non rientrano negli schemi tradizionali della politica europea, nascono da reali mancanze della politica nazionale, e ne diventano i primi contagiati.
 
Siamo la patria di Machiavelli e del Rinascimento, abbiamo scritto la costituzione più avanzata e democratica del mondo (ben raccontata nei giorni scorsi dal geniale Benigni).
Eurocomunismo e compromesso storico hanno anticipato di 30 anni il dibattito sulla crisi, non solo economica, che avrebbe coinvolto e travolto il sistema. La Bolognina ha affossato l’intuizione berlingueriana per sposare la più moderata posizione socialdemocratica in una sorta di masochistica abiura del passato per entrare nel tempio del libero mercato.

Ma nemmeno la moderata onesta tranquilla socialdemocrazia europea, da quando i giganti addormentati dell’Asia e del Sudamerica si sono svegliati per reclamare la loro consistente parte nel mondo globalizzato, riesce a proporre concrete prospettive per il medio e lungo termine.
Chissà che la soluzione non possa venire ancora dall’Italia da sempre laboratorio della politica sia nel bene che nel male