Gli animali nel mito: storia dell'uomo e del non umano
di Erregi

Da sempre all'animale sono attribuite caratteristiche a tratti umane, poteri particolari e, a volte, capacità sovrannaturali; altre, invece, connotazioni più pericolose. Che sia un modo per esorcizzare e dare un volto alle paure?

 
Sarà che l’uomo primitivo, prima di imparare a soggiogarli e addestrarli, ha dovuto difendersi dagli animali, sarà che la fantasia è caratteristica implicita nel genere umano o, più semplicemente, sarà che i racconti mitologici non si basano, per loro stessa natura, su fatti completamente reali, ma da quando l’uomo è entrato in contatto con l’animale sono nati anche animali leggendari.
 
Pensiamo alla Sfinge, con il corpo di una leonessa, il volto di donna e, a volte, le ali di un uccello, o al Minotauro, mostruosità nata da una donna e da un toro e poi rinchiusa in un labirinto o ancora al Centauro, mezzo uomo e mezzo cavallo: ovviamente non sono mai esistiti, ma allora, perché se ne parla da secoli e secoli?
 
Forse la spiegazione risiede nel fatto che, avendo tutti e tre questi animali un tratto in comune, quello umano, servivano per ammettere, senza ammetterlo davvero, che ogni uomo ha in sé, più o meno manifeste, le caratteristiche e le potenzialità della bestia, lati dell’uomo che vanno tenuti a bada per non degradare se stessi e gli altri alla condizione di animali.
 
Un avvertimento, quindi, secondo alcuni, questo: usare animali feroci come il leone o il toro e attribuirgli anche caratteristiche umane (nel caso della Sfinge, addirittura, la testa e, forse, quindi, la mente) ci mette in guardia.
 
Il confine tra l’umanità e la bestialità non è così marcato e basta un attimo per lasciarsi andare agli istinti più bassi. Non credetevi al sicuro solo perché di zampe ne avete due: il raziocinio ci distingue, ma solo se lo usiamo.