Dalla gelosia allo stalking
di Gianpiero Rossi

Lo psicologo Gianpiero Rossi, anche in occasione della passata giornata della violenza sulle donne, scandaglia il sentimento della gelosia possessiva come patologia psicologica, che può condurre al fenomeno dello stalking e della violenza

 
In occasione della giornata internazionale della violenza sulle donne offro questo spunto di riflessione sul tema della gelosia, spesso alla base della violenza.
 
Tutte le settimane la cronaca ci sbatte in faccia episodi raccapriccianti di omicidi a sfondo passionale. Ancora più inquietante è rendersi conto che questi costituiscono più dell’80% del totale dei delitti. La donna è purtroppo preda di questa follia.
 
Ma dove inizia l’escalation di violenza? Prima di giungere ai fatti di cronaca, è la gelosia possessiva che ha già rovinato l’amore di tantissime coppie. Non mi riferisco dunque alla gelosia normale, dove manifestiamo la paura di perdere l’amore, ma a quella patologica che muove accuse e sospetti anche in assenza di qualsiasi fatto o circostanza che può giustificare un vissuto del genere. Più si teme che una relazione possa finire, più paradossalmente si contribuisce a finirla per davvero come troppo spesso accade.
 
E’ un fenomeno di patologia psicologica che nonostante la sua diffusione e pericolosità non è curiosamente curato. Ancora tanta ignoranza sulle possibilità di cambiamento ci lega a inutili sofferenze in sé, nella coppia e nella famiglia.
 
Roland Barthes scriveva:”Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l’altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo ... e di essere come tutti gli altri".
 
La gelosia patologica pretende di possedere ciò che si ritiene proprio. Ma se l’amore è rispetto dell’altro, compresa la sua libertà, ciò dichiara la fine dell’amore. Inizia la battaglia al servizio del proprio ego, spesso debole per sensazioni d’inadeguatezza e scarsa autostima.
 
Invece di chiedere aiuto o guardarsi dentro, nella paura irrazionale e incontrollata dell’abbandono, si preferisce guardare fuori: con l’essere sospettoso per ogni comportamento relazionale del partner verso l’altro sesso, con il controllare ogni comportamento dello “altro”, con il manifestare invidia e aggressività verso i possibili rivali, fino all’aggressività persecutoria verso il partner.
 
Qui inizia il fenomeno dello stalking, ovvero l’ossessività nel sorvegliare e controllare una persona, con ricerche di contatto non desiderati dal soggetto e tali da provocare preoccupazione e timore. L’assurdità è che ciò è fatto anche verso relazioni finite o addirittura inesistenti. Solo di recente queste aberrazioni dell’amore sono perseguibili per legge.
 
Non basta però il carcere. Occorre prevenire. Se la persona non si cura non finisce qui. Può accadere come nel recente fatto di cronaca: dopo 6 mesi di carcere per violenze all’ex, esce di prigione e la uccide.
 
Nella gelosia possessiva e nello stalker, la persona non può permettersi una distanza emotiva dall’oggetto d’amore e lo usa come  “tampone” per non sentire il senso di vuoto e d’abbandono. Illudendosi di poter controllare la persona amata, al tempo stesso, nella gelosia patologica ci s’illude di controllare le proprie ansie e le proprie angosce.
 
Occorre smettere di basare il proprio benessere sulla presenza forzata dell’altro e affidarsi ad una maggiore autonomia affettiva e saper stare soli per un momento nella vita se questo deve essere la conseguenza.
 
Innanzi ad una famiglia alla quale non si vuole rinunciare non rimane che fare leva sul possibile cambiamento di relazione e comunicazione per ridurre infelicità e conflitti che aumentano la paura stessa dell’abbandono.
 
Più a lungo è durata una coppia più si dovrebbe osare un supporto di coppia oppure su di sé per rimediare la relazione. Purtroppo c’è chi soccombe a rinunce premature o peggio ancora dettate da gesti o parole impulsive.
 
Gianpiero Rossi
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