Sfiorati dalla vita
di Itu

Accomodare nel nostro vivere le tragedie di un incidente stradale vuol dire scomodare la fatica di chi sopravvivendo per generazioni ancora dovrà scavare in quel dolore

 
Qualche giorno fa sono passata in auto accanto al corpo ancora in vita sull’asfalto, la moto in pezzi seminata per centinaia di metri, ancora i soccorsi non allertati e il caos stralunato di chi fa il furbo nella coda di auto e nasconde nella fretta quel rimasuglio di intelligenza a lasciar passare il tempo senza voler capire l’alito della tragedia.

Vorrei dire qualcosa ma il groppo in gola mi soffoca perché mio nonno così se ne è andato e questo motociclista pure, ebbro della velocità e con un appuntamento così importante che ha travalicato le vite di generazioni fino ad arrivare al mio misero destino.

Ci sono punti di vista che faccio fatica a lasciar correre perché si prendono con prepotenza spazi che mortificano la volontà di vivere in chi rimane.

Delirio di onnipotenza? Casualità? Vorrei tanto semplificare, perché accade che ogni giorno ed ogni notte il rumore vitale si spenga e se non ci riesco è perché ancora mi sento offesa.

Come Icaro con le sue ali di cera plano guardando la terra che mi accoglierà, forse è un lungo momento o anche un tempo breve, chi lo sa, la misura a cui mi attengo è quella dei sensi ed è quella che è giusta nell’ordine universale.

Non è vero che il dolore fa crescere, anzi ci rende piccolissimi e risentiti di tutto quello che ci è mancato: preferisco pensare che la vita ci sfiora per tutto il tempo e lo spazio che è scritto.