Figli contesi
di Itu

Alla ricerca di un posto dove collocare il disagio, o meglio il dolore che un bambino affronta quando i genitori sono nella tempesta della vita.

 
L’immagine shock dei giornali odierni si scatena indignata su di un ragazzino portato come un animale da macello da qualche parte (dove?) dai tutori della legge per effetto di una difficile separazione.
Il padre dichiara che finalmente lo ha liberato.
 
Quel bambino veneto che vedrà quell’immagine e non potrà far finta che riguardi altri, oltre a dover sopportare la vergogna di aver portato i genitori a scannarsi per lui, cosa dovrà ancora sopportare?
Sappiamo quanti bambini non fotografati ogni giorno devono sorbirsi le rivalse di genitori pieni delle loro ragioni?
 
Mi domando se l’affido, tema scottante anche nella nostra valle, possa in qualche modo lenire le ferite di questi offesi, se ancora la legge regge di fronte a quel diritto tradito di esser figlio.
 
Me lo domando perché dare dei tempi ai nostri figli per crescere e sostenersi supera ogni nostra rivalsa, specialmente di vissuti stonati dove è mancato spesso un ingrediente che ricade a pioggia sulle generazioni che si spingono oltre il nostro prossimo futuro.
Genitori lo si diventa se siamo disposti a rinunciare alle nostre urgenze e riconoscere il nuovo che i figli ci propongono.
 
Ancora le istituzioni che ingombrano legami spirituali, che spezzano percorsi dolorosi e si sobbarcano miseri mezzi e tempi che affaticano.
Eppure dentro tanto di quel soffrire bambino ci sarà pure un posto dove depositarlo, perché altrimenti sopravvivere non è una gran vincita.