Il duro mestiere dell'arbitro
di Diego Mondini, vicepresidente vicario Csi Brescia

Intervista al responsabile del settore tecnico e arbitro Csi Emiliano Scalfi, che fa il punto della situazione su che cosa significhi essere direttore di gara, su quali siano le motivazioni e quale il percorso per diventare arbitri

 
Sono la squadra più numerosa e con l’età media più elevata, ma puntano con decisione sui giovani. Vengono criticati spesso ed elogiati raramente, ma sono sempre indispensabili. Hanno uno scudetto arancioblù sul petto e un fischietto al collo. Sono gli arbitri del Csi Brescia: 280 direttori di gara e giudici.
 
Abbiamo parlato delle giacchette nere ciessine con Emiliano Scalfi, responsabile del settore.
 
Che valore ha la figura dell’arbitro per il Csi?
Non è solamente la persona designata a dirigere un incontro. Deve infatti svolgere una funzione fondamentale, quella di educatore in campo e garante del rispetto delle regole.
 
Qual è l’identikit dell’arbitro ideale?
Deve essere preparato atleticamente, conoscere alla perfezione il regolamento e saperlo applicare. Trovare arbitri del genere è difficile, poi ognuno ha il suo stile. Noi chiediamo soprattutto tanta volontà, ma anche disponibilità a crescere. Dobbiamo distinguerci.
 
In che modo?
Migliorando il rapporto umano con le società e i giocatori, ma anche la comunicazione dentro e fuori dal campo. Sui campi della provincia circolano parecchi luoghi comuni sulla qualità degli arbitri del Csi.
 
C’è del vero?
Noi siamo innanzitutto arbitri di oratorio, e ne andiamo fieri. Sicuramente dobbiamo migliorare tanto, ma negli ultimi anni ho visto progressi sotto tutti i punti di vista. La formazione ha avuto un impatto decisivo. Senza dubbio. L’aggiornamento di inizio stagione è obbligatorio per tutti, e lo stesso vale per la visita medica. Senza questi due pezzi di carta non si può arbitrare. Oltre ai corsi interni ci sono quelli rivolti alla ricerca di nuove leve. Il mese di ottobre è quello dei corsi per gli aspiranti arbitri segnalati dalle società, ma andiamo anche nelle scuole superiori. Il percorso formativo prevede parte teorica, tecnica e in alcuni casi pratica. Segue un anno di tirocinio, poi c’è l’inserimento nell’albo.

Perché diventare arbitro del Csi?
Le soddisfazioni sono poche ma intense. Sicuramente qui si respira l’aria dello sport autentico, c’è un bel gruppo e si sviluppano amicizie. Provare per credere. Il suo messaggio alle società per la nuova stagione. Invito tutti al fair play, soprattutto i dirigenti. Spetta a loro diffondere nelle rispettive squadre i valori dello sport e del rispetto, che il calcio ha un po’ dimenticato. Gli sport minori sono un esempio a tal proposito. Noi arbitri daremo il massimo.