Villa Carcina e due referendum popolari dalle minoranze
di Vanessa Maggi

A fronte della decisione in consiglio di vendere un'area verde pubblica per ottenere liquidi da reimpiegare sul territorio, le minoranze hanno presentato due istanza referendarie per annullare la decisione e proporre il bilancio partecipativo

 
Per costruire servono le risorse, e quando queste non ci sono le amministrazioni comunali si indirizzano sul capitolo ‘vendita di aree pubbliche’.
 
Il Comune in questione è quello di Villa Carcina, che in tempi di vacche magre ha inserito nel bilancio previsionale l’asfaltatura di alcuni marciapiedi che versano in pessime condizioni, ma per i quali ha bisogno di liquidi. Soldi che ricaverebbe (350 mila euro) dalla vendita di un’area verde di 2.600 metri quadrati sita in via Gramsci ed edificabile.
 
Qui è maturata la protesta dei partiti di minoranza consiliare (LiberaMente, Rifondazione comunista, Pace e solidarietà), la quale ha presentato in Comune due istanze referendarie.
 
Quasi subito si è costituito un comitato (“Difesa dei beni comuni”) al quale hanno aderito 169 cittadini, chiedendo un referendum per annullare la delibera di aprile sulla vendita dell’area e uno sull’utilizzo del cosiddetto ‘bilancio partecipativo’, ossia la partecipazione (a titolo non vincolante) dei cittadini alla redazione del bilancio previsionale.
 
Un comitato giuridico deciderà nel corso delle prossime settimane se le istanze presentate sono legittime, e in caso positivo i richiedenti avranno 50 giorni per raccogliere le firme necessarie all’attuazione del referendum.