Lumezzane e la moderna eclissi degli «hcötöm»
di Fonte: Egidio Bonomi, «Giornale di Brescia», 15 settembre 2012

Il sovrapporsi dei cognomi di immigrati anni '50 e '60, l'arrivo degli extracomunitari e l'imposizione della lingua nazionale attraverso la tv hanno ridotto drasticamente l'uso dei soprannomi che un tempo servivano per districarsi fra le centinaia di cognomi uguali

 
La secolare stagione dei soprannomi (hcötöm) è in visibile eclissi nella Lumezzane che fino a qualche decennio fa faceva dello stesso soprannome la quasi unica possibilità d’identificare il soggetto.
 
L’evoluzione... etnica, il sovrapporsi alla decina di cognomi storici di quelli d’immigrati anni ’50-’60 e, più recentemente, di extracomunitari, hanno limato la tendenza al nomignolo, per quanto resistano i vecchi hcötöm là dove altrimenti non sarebbe identificabile la persona che lo porta.
 
Si pensi al migliaio di Ghidini, alle centinaia di Pasotti, Bugatti, Seneci, Bonomi. La tendenza oggi, soprattutto tra i giovani è di chiamarsi con nome e cognome. Però l’eccezione finisce per affiorare in qualsiasi regola, consolidata o in facimento, e così il sottofondo arguto che da sempre caratterizza i lumezzanesi regala ancora qualche zuccherino di hcötöm.
 
Solo che la televisione, anche qui, fa da base, il dialetto sgomitato dalla lingua nazionale, a tutto scapito della sapidità vernacolare. E allora ecco la barista con un certo brio divenire la «Belen dei poveri»; un non proprio avvenente maschio «Bruttiful», un altro di pari non bellezza ma ammantato della speranza d’un futuro migliore è «Sifarà»; un per nulla smilzo ragazzotto «Toblerone»; l’orfano di capelli a palla di biliardo è «Chioma».
 
Esempi d’un vezzo piegato all’oggi televisivo e alla perdita del (bel) dialetto di Lume, forte e ruvido come gli hcötöm d’una volta.