Tasse, declino senza diritto
«Durante la guerra mio nonno nascose il grano che permetteva alla famiglia di sopravvivere in un vano segreto scavato dentro il pozzo collegato alla cantina...»

 
I tedeschi in ritirata sequestravano tutto quello che potevano e se scoprivano che il cibo veniva loro celato reagivano male, molto male.
Insomma se sono qui a raccontare questa storia il grano nascosto dal nonno non fu trovato e una vaga soddisfazione mi prende nel ricordare questa circostanza.
Questo piccolo racconto mi serve da esempio di una più ampia attitudine degli italiani a nascondere quello che ritengono di sopravvivenza per sottrarlo alle voraci mani di tutti gli stranieri e comunque di tutti i potenti che ne vogliano approfittare.
 
La storia d'Italia è piena del succedersi di padroni sempre nuovi ma sempre dotati dei vecchi vizi di imporre tasse e di privare i più poveri dei propri averi, insensibili alla dimensione sociale, per lo sviluppo, della ricchezza che sottraevano, spesso per finanziare le proprie guerre.
Gli italiani per la loro storia di sudditi vessati e maltrattati dallo straniero di turno e comunque dal monarca del momento, hanno sviluppato un senso di giustizia al contrario in tema di tasse: riuscire a nascondere i propri averi significa sopravvivenza, ingannare il fisco dà quindi doppia soddisfazione: salvare la famiglia dalla fame e fare uno sgarbo a chi, ricco, potrebbe vivere tranquillamente ma pensa bene di sfruttare al massimo il proprio potere impositivo per rovinare la povera gente.
 
In questo schema, come in tutti i modelli che vogliono dipingere una realtà complessa, c'è una certa verità ma anche una giustificazione poco morale ad un atteggiamento che danneggia tutta la comunità.
Nonostante ciò esso permette di capire come in profondità si nasconda la ragione di alcune impostazioni che oggi influenzano il nostro atteggiamento.
 
Quando si parla di tasse sembra che ci stiano sottraendo qualcosa che abbiamo guadagnato con sacrifici notevoli e non siamo disposti a privarcene solo perché il potere ce ne chiede conto.
Insomma non basta fare appello al senso dello stato e della comunità per convincere gli italiani a pagare le tasse ed è da perfetti ipocriti salire sul piedistallo della moralità come ha fatto Monti deprecando con dure parole l'alto livello di evasione fiscale degli italiani.
 
Innanzi tutto Monti pensa di parlare a dei cittadini, mentre per il fisco italiano non siamo che meri sudditi.
In seconda battuta in materia di giustizia fiscale siamo talmente messi male che il diritto in questo ambito dalla fine della seconda guerra mondiale non solo è stato calpestato e massacrato ma è letteralmente scomparso in nome del "solve et repete", quella pratica di chiedere al suddito prima di tutto di pagare la sanzione per l'evasione prima di procedere, lentamente, molto lentamente, al suo accertamento.
 
È vero, oggi per fare ricorso contro un accertamento dell'Agenzia delle Entrate bisogna solo pagare un terzo della somma accertata, non tutta la somma, ma in ragione della dimensione della sanzione pagare un terzo della cifra richiesta in anticipo, magari anche ingiustamente, diventa per una famiglia media italiana non solo impossibile ma anche l'immediato baratro della povertà.
Per non parlare delle spese di avvocati e delle sanzioni aggiuntive che Equitalia carica per il recupero dei crediti.
 
Se pensiamo che buona parte degli accertamenti si dimostrano alla fine infondati e se pensiamo ad Equitalia che in nome del recupero crediti per lo stato non ha nessuna sensibilità nel far morire il debitore del fisco dal punto di vista economico e qualche volta anche fisico, capiamo che qualcosa non va e non può continuare ad andare avanti così.
In tutto questo c'è una diabolicità circolare che bisogna scardinare.
 
Nessuno sembra accorgersi che in Italia sono quasi settant'anni che si mettono tasse su casa e benzina e sono settant'anni che si ottiene un aumento dell'evasione ed un aumento dell'esportazione di capitali all'estero.
Guarda caso il governo Monti ha saputo mettere altre tasse su casa e benzina, sfiorando il ridicolo in tema di innovazione degli strumenti per combattere la crisi ma non facendo certo ridere chi le tasse le ha sempre pagate, mentre i furbi continuano più di prima a non pagare.
 
Più si aumentano le tasse più aumenta l'evasione e più diminuiscono i redditi disponibili di chi paga le tasse.
In questa maniera i consumi vengono depressi e se sono già deboli per ragioni contingenti, gli si dà il colpo di grazia.
Inoltre i minori consumi deprimono la produzione e diminuiscono puntualmente il gettito fiscale.
Lo stato pensa bene allora di aumentare le tasse per coprire le mancate entrate, e così via verso il ciglio dell'abisso.
 
Possibile che questa causalità circolare che porta al declino sia così difficile da spezzare? Evidentemente sì, se l'unica cosa che Monti è riuscito a realizzare in fretta e furia è stato solo un aumento delle tasse.
Ormai il sistema è consolidato e siamo destinati a vedere il nostro bel paese peggiorare sempre di più.
Se penso poi che le nostre tasse servono a mantenere tutto il sottobosco che gira attorno alla politica che si declina in tanti settori pubblici, in tantissimi enti inutili, in tante consulenze ad amici degli amici non riesco a capire come gli italiani sopportino tutto questo.
 
Sono capaci di andare in piazza in pratica per qualsiasi cosa tranne che per difendere il diritto a non essere vessati dallo stato e dall'Agenzia delle Entrate.
Il diritto vituperato e squartato proprio da quello stato che dovrebbe fondarsi su di esso, non solo ci rattrista ma ci fa capire che molto tempo passerà prima di cambiare le cose.
Caduto il fascismo nel '43 avevamo veramente avuto la possibilità di diventare cittadini, oggi con questa Italia incapace di far sperare in un futuro migliore ai suoi giovani, alle sue donne, ai suoi poveri, perché solo i poveri hanno voglia di cambiare il mondo, ci tocca mandar giù il declino ormai evidente senza che un segnale di cedimento si veda in chi è attaccato ai propri privilegi egoistici e che spera sempre di fare le riforme a spese degli altri.

Leretico