Valtrompia e armi: non solo caccia
di Erregi

Ci sono dati significativi frutto di una ricerca dell'Università degli Studi di Urbino a sostenere l'importanza di un settore armiero che resta trainante per molti posti di lavoro, oltre che per la pratica venatoria

 
In questi giorni di discussioni, polemiche, manifestazioni e proteste pro e contro la caccia e pro e contro la tradizione armiera così profondamente radicata in Valtrompia, non va mai dimenticato che dietro alla passione e all’hobby di andare a caccia, sul quale ognuno può pensarla a suo modo, ci sono migliaia di posti di lavoro.
 
Secondo i dati diffusi dall’Associazione Nazionale Produttori di Armi e Munizioni, il settore economico-produttivo che ruota attorno alla costruzione di armi sportive rappresenta uno 0.5% del Prodotto Interno Lordo, con 2264 aziende legate a questo giro e 108 dedicate specificamente alla produzione civile di armi.
 
Di queste 108, la stragrande maggioranza ha sede in Valtrompia che ospita anche 125 produttori di munizioni e componenti per l’assemblaggio dell’arma finita, 179 fornitori specializzati e ben 500 generici. Ovviamente, tutti questi dati, si traducono in posti di lavoro insostituibili ed indissolubilmente legati e dipendenti alla pratica venatoria.
 
Gli operatori del settore che si occupano direttamente della produzione sono 11.358, mentre pensando anche ai dipendenti dei settori collegati indirettamente, a quegli operatori se ne aggiungono altri, per un totale di 94.264, rappresentanti lo 0,54% degli occupati italiani.
 
Nessuno stupore, quindi se il fatturato annuo si aggira attorno ai 500 milioni di euro, somma che fa riflettere anche perché guadagnata attraverso l’esportazione all’estero di marchi italiani di elevata qualità, fiore all’occhiello della Valle del Mella e non solo, specie se si considerano le armi incise dai numerosi artigiani locali, che elevano il valore sia economico che artistico di un’arma, rendendola un’opera d’arte che, in molti casi, non sparerà mai nemmeno un colpo, ma, sicuramente, dà da mangiare a molti.
 
Altro dato importante, infatti, è proprio quello sul settore delle incisioni, che arriva addirittura ai 775 milioni di euro annui. Ma in questi giorni di grandi lotte per la caccia, forse, il numero più significativo è quello totale dei cacciatori italiani: 850 mila, divisi dai circa 100 mila tiratori ma che, insieme, in un anno possono spendere 3 milioni e 800 mila euro per l’acquisto e l’utilizzo di una doppietta.
 
L’Italia e la Valtrompia, viene da domandarsi, sono davvero pronte a rinunciare a questo business?