Se n'è andato Antonio Pedretti, uno degli ultimi partigiani triumplini
di Andrea Alesci

Stamattina alle 10 a Gardone viene officiato il funerale di Antonio Pedretti, morto all'età di 87 anni dopo una giovinezza dedicata alla Patria combattendo come partigiano nella 112° Brigata Garibaldi e insignito della medaglia d'argento al valor militare il 19 maggio 1950

 
Era uno degli ultimi partigiani valtrumplini Antonio Pedretti. Se n’è andato lo scorso martedì all’età di 87 anni in quel di Gardone Val Trompia dove nacque nel 1925 e da dove partì per iniziare una vita a servizio della sua amata Italia.
 
Il suo primo impiego lavorativo si svolge presso il Regio Arsenale Militare di Gardone VT, dove rimane fino al settembre 1943. Dopo l’8 settembre è arruolato dalla Repubblica di Salò.
 
In un primo momento non si presenta alla chiamata alle armi, ma in seguito alle pressioni esercitate sui genitori, si costituisce e viene recluso presso Tortona come renitente alla leva. Graziato da un’amnistia viene arruolato nei bersaglieri. Nel dicembre del 1943 diserta e fa ritorno a Gardone, dove è nuovamente imprigionato come renitente alla leva. Nella primavera del 1944 viene destinato a La Spezia, ancora nel corpo dei bersaglieri.
 
In servizio all’Arsenale Militare, si mette in contatto con gli operai presenti che collaborano con i primi gruppi della resistenza locale. Diserta nuovamente e scappa in montagna, dove si unisce alla Brigata “Ugo Muccini”; in breve tempo diventa comandante di un gruppo di circa venti partigiani.
 
Nei primi mesi del 1944 con questa formazione partigiana compie diverse azioni di guerriglia. In particolare in primavera, poco prima del famoso episodio di Stazzema; partecipa a un’azione nella quale vengono uccisi circa venti militari tedeschi. Nel novembre la sua Brigata, formata da circa cinquecento uomini posti sotto il comando del partigiano Fiume si rifiuta di obbedire all'ordine del generale Alexander di smobilitare.
 
Divenuto capitano con nome di battaglia “Pedro” al comando di un consistente numero di partigiani, assume il compito di presidiare l’importante via di comunicazione tra Aulla e Villa Franca. Il 22 novembre, a monte di Aulla nei pressi Terrarossa egli guida con una ventina di partigiani del distaccamento “Gerini” un’azione contro una colonna corazzata tedesca. Verso le venti, pur essendo il combattimento impari, riesce con un attacco a sorpresa a immobilizzare la colonna: quattro automezzi vengono distrutti, 13 soldati tedeschi vengono uccisi; l’unico ferito grave tra i partigiani è proprio il Pedretti, che viene colpito da una raffica al ventre.
 
Il partigiano “Luciano” (Michele Barchini di Arcole) se lo trasporta sulle spalle. Viene condotto da un medico, che sotto la minaccia delle armi lo sottopone a un intervento chirurgico. La notizia dell’azione viene trasmessa nell’Italia libera e, la sera dopo, Radio Mosca la cita nel suo notiziario.
 
Nel dopoguerra per questo fatto gli viene concessa la medaglia d’argento al valor militare con Decreto presidenziale del 19 maggio 1950, con la seguente motivazione:
 
Giovane combattente già distintosi nella lotta partigiana, al comando di una pattuglia attaccava di sorpresa, a bombe a mano, una grossa autocolonna di rifornimenti. Disorientati dall'impeto e dalla decisione dell'attacco i tedeschi lasciavano campo libero a partigiani che distruggevano con il loro fuoco sette automezzi, altri danneggiandone gravemente. Riordinatisi però i tedeschi, tornavano all'attacco in forze decisamente preponderanti. Il partigiano Pedretti, per quanto gravemente ferito al ventre, disponeva con calma e decisione il combattimento in ritirata e solo dopo essere riuscito a sganciare la sua formazione di abbatteva svenuto per l'abbondante perdita di sangue. Rotabile della Cisa, 24 novembre 1944”.
 
Il Pedretti passa la sua convalescenza nascosto presso il convento di frati di Soliera, adibito ad ospedale. Durante il ricovero scrive alla famiglia a Gardone per chiedere di essere aiutato a rientrare. Nel gennaio del 1945 deve però lasciare l’ospedale per le continue ricerche effettuate dai nazifascisti; cerca di rientrare nel gruppo dei partigiani, che però nel frattempo ha subito gravi perdite ed è allo sbando.
 
A Gardone la famiglia, con l’aiuto di un medico in servizio presso l’Arsenale e di un amico sacerdote, riesce a procurarsi il lasciapassare per il suo rientro dalla Liguria. Partono da Gardone il fratello Stefano e il cognato Giuseppe Pagani in bicicletta per raggiungere Antonio e riportarlo a casa. Rientrato in Val Trompia nel febbraio del 1945 il Pedretti rimane nascosto fino alla sua guarigione in una cascina in valle di Gombio.
 
In quest'ultimo periodo di convalescenza prende contatto con Aldo Casari e Carlo Buizza, collaboratori della Resistenza nelle fabbriche O.M. e Beretta. Con il loro aiuto raggiunge il 10 marzo la 122a brigata Garibaldi e, ancora con il nome di battaglia “Pedro”, partecipa il 19 aprile 1945 alla battaglia del Sonclino.
 
Nel momento più critico e cruciale, dopo la perdita del vicecomandante partigiano Bruno Gheda, è al fianco dei partigiani dislocati nella zona del combattimento, dimostrando ancora una volta coraggio e doti non comuni sul piano militare.
 
Dopo la Liberazione trova lavoro presso la fabbrica O.M. Di Gardone V.T. Fino alla chiusura nel 1949, continuando il suo impegno di militanza sindacale e istituzionale prima a livello locale e poi provinciale.
 
Oggi alle 10 a Gardone Val Trompia l’ultimo saluto a quel che fu un coraggioso combattente triumplino, a un uomo trovatosi come tanti altri a vivere una giovinezza in balia di una Storia feroce.
 
Nella foto: Antonio Pedretti al centro (dietro di lui col maglione rosso la moglie), ritratto qualche mese fa alla casa di riposo 'Beretta' con una delegazione dell'Anpi di Gardone venuta per consgnarli un riconoscimento.