Le nostre radici
di Sandra Vincenzi

La nostra scalata verso ciò che ci rende migliori parte dalle nostre radici; e le nostre radici risiedono nel nostro inconscio.

 
La via per diventare migliori passa da quel Re spaventoso che abbiamo incontrato nei contributi precedenti: perché non si arriva ad essere migliori solo per il fatto di avere la testa piena di belle teorie, ma per come conduciamo la nostra vita.
E' dai frutti infatti che si giudica la pianta, e così per gli uomini è la loro vita che parla per loro, non le teorie o le intenzioni.
 
Ci sono persone che arrivano dallo psicologo  perché si trovano in un momento di crisi profonda: Nicoletta, una signora nel pieno dell'età, stava male, era triste, spesso piangeva, era depressa ed aveva la netta sensazione che la sua vita stesse andando a rotoli.
In realtà questo non stava succedendo ma lei vedeva così le sue difficoltà nella relazione con il marito ma che lei non sentiva più; allo stesso modo era frustrante la relazione con i suoi due figli, che a detta sua, le davano solo preoccupazioni ed ansie.
 
In un quadro di vita normale, Nicoletta non ci stava più, aveva forte la sensazione di mettercela tutta, che voleva una famiglia armoniosa, un bel rapporto col marito e con i figli, ma quello che aveva davanti tutti i giorni non le piaceva, non lo riconosceva come suo e quindi stava male e non riusciva a ricongiungere il suo star male alla sua situazione del momento, affogando tra sensi di colpa (“...forse sono io che pretendo troppo, che ho troppe aspettative!”), rassegnazione (“a quarant'anni è meglio che mi accontenti del rapporto che ho con mio marito, la passione è solo per quando si è giovani!”) e un'ostinata ricerca della felicità che non ammutoliva ed arretrava, anzi, continuava ad avanzare.
 
Durante il suo percorso ricordo nettamente il disperato appello alla volontà, nel tentativo di essere una brava moglie e una brava mamma, ma la volontà, seppure costituisca una forza altrettanto formidabile dell'inconscio che ci sostiene, non può mai sostituirsi alla verità e renderci senza quest'ultima felici.
Così Nicoletta nel suo percorso, una volta scesa nelle profondità del suo malessere e del suo disorientamento, cominciò a ritrovare sulla sua via, quei sassolini – come nella fiaba di Pollicino - che le permisero di tornare a casa, di trovare nuove soluzioni per una vita famigliare più soddisfacente.
 
Nicoletta incontrò quella parte di sé stessa che aveva negato e dimenticato: quel Re spaventoso che non voleva più guardare in faccia.
Invece se lo ritrovò davanti: Nicoletta si sforzava di fare la brava mamma, perché non aveva una buona stima di sé e nel suo essere mamma aveva cercato disperatamente di rimarginare ferite del passato, insuccessi nelle relazioni con gli altri, trovato un'affettuosità che con il marito non le veniva spontanea.
Così giorno dopo giorno Nicoletta, invece che chiedere di essere coccolata ed amata, come ciascuno di noi ha bisogno nella propria vita, affogava nella teoria della buona famiglia e della buona mamma, esaurendo le proprie energie e dimenticandosi di sé.
 
Non le ci volle molto per risollevarsi quando si accorse che nell'idealizzazione della famiglia aveva nascosto e buttato parti di sé per lei intollerabili: la sensibilità, la femminilità, l'aggressività, la sessualità, la creatività.
Quando riconobbe le sue paure e le cose che le facevamo veramente male, accanto a quelle che le davano gioia, ritrovò la strada per la risalita e per una gestione diversa della sua vita, più vicina a se stessa.
Ma per far questo dovette rivedere e riconoscere parti di sé, ricordi, esperienze, relazioni ed emozioni che aveva chiuso in un cassetto, pensando di poterle dimenticare.
 
Succede spesso, ed oggi ancora di più che un tempo, che le persone si identifichino con quello che leggono, con le teorie, gli ideali, pensandosi migliori di quello che sono.
Si tratta di un illusione “innocente” di cui spesso le persone neanche se ne accorgono e che da' i seguenti frutti: ci si sente superiori ad altri; padroni di esprimere giudizi a destra e a manca; come genitori ci si sente buoni, migliori dei propri genitori, come se il sapere oggi che esiste tutta una psicologia del rapporto genitori e figli ci rendesse genitori migliori.
 
Non è così.
E quando si guardano le cose dall'alto in giù, con superbia, arroganza, falso buonismo si sta perdendo la rotta del proprio vivere, si stanno prendendo lucciole per lanterne.
A quel punto la vita interviene: tradimenti nelle coppie, dove uno non se lo sarebbe mai aspettato; dispiaceri enormi nel rapporto con i figli; fallimenti nel lavoro, perdite di beni, e ancora malattie fisiche e mentali.
E la vita ci spinge a riscoprire le nostre radici, a scendere e guardare in faccia il Re spaventoso. Sono varie le vie che permettono alle persone di ritrovare serenità e salute mentale, tra le quali il sostegno psicologico e la psicoterapia, e spesso affidarsi ad un professionista è il migliore aiuto per permetterci di guardarci, di entrare in contatto con le nostre paure e rassegnazioni, con i nostri pensieri negativi  che nell'inconscio dominano incontrastati se decidiamo di ignorarli.
 
Ma perché non vogliamo guardare la realtà in faccia? Cos'è che impediva a Nicoletta di diventare mamma come solo lei poteva fare e moglie e donna, senza stravolgersi?
La forza che difende il cuore dalle ferite è la stessa che gli impedisce di dilatarsi alla sua massima grandezza, anche a costo della verità: questo significa che più cerchiamo di difendere delle emozioni, delle esperienze, delle parti di noi dallo sguardo veritiero, che produce ferite (perché non siamo bravissimi, perché non siamo perfetti, perché non siamo infallibili ed irresistibili) e più ci chiudiamo, ci mascheriamo, ci irrigidiamo, ci costruiamo una corazza che poi.... non ci fa più sentire capaci, innamorati, vitali, appassionati, speranzosi e soprattutto in grado di affrontare le prove che sul nostro cammino incontriamo.
 
E queste maschere il Re spaventoso le conosce bene e ci manda incubi, segnali di malessere, per dirci che siamo su una strada sbagliata. Perché la nostra bellezza non risiede nella perfezione e nel buonismo, ma nell'unicità, di cui parleremo la prossima volta.
 
Dott.ssa Sandra Vincenzi
PSICOLOGA PEDAGOGISTA
e-mail vincenzisandra@gmail.com