Tecnica senza filosofia
di Aldo Vaglia

Il dibattito sulla tecnica che ci condannerà o ci salverà è il credo o il non credo di oggi.


È  impossibile per chi non possiede gli strumenti della metafisica entrare in discussione sulle interessanti tesi esposte da Dru e Leretico.
La formazione scolastica dei tecnici non contempla la filosofia nei programmi, considerata un inutile orpello per chi affronta certi studi.
Molteplici le ragioni perché le zoppe riforme delle superiori non hanno portato a un uguale percorso per tutti almeno fino ai 18 anni.
Classismo dei piccolo borghesi? Snobismo e sottovalutazione delle sinistre?
Di sicuro mancanza di valutazione sull’investimento in cultura.

Certo che, visto i risultati di quelle completate a cominciare dalla media dell’obbligo per concludersi con l’università, dove tutto s’è giocato al ribasso, è stato meglio che almeno la riforma  delle superiori sia abortita in uno scopiazzamento degli indirizzi precedenti.
Il mantenimento della separazione delle culture ha così accontentato il gattopardismo italiano, che con la ridefinizione dei nomi ha mantenuto inalterata la sostanza.
La ridicola funzione orientativa della scuola con tutte le sue farsesche attività diventa in questo modo la foglia di fico per garantire scelte già effettuate negli anni prenatali. 

Il processo classico, filosofia, scienza, tecnica, o più semplicemente ciò che si può considerare pensiero, sperimentazione, applicazione, non è più così preciso e l’ordine viene molte volte ribaltato, sembra quasi che la tecnica voglia prendersi la sua rivincita, scombussolando i piani di chi non si è ancora rassegnato a far derivare le classi dirigenti da un immutabile nepotismo di ordine culturale.
Non che questi capovolgimenti siano maggioritari, ma le leghe e i vari movimenti localistici hanno portato in primo piano il popolo delle partite iva per contrapporlo ai burocrati di stato.

Nella medicina, nell’energia, nell’informatica, il più delle volte non c’è un prima e un dopo, la tecnica, forse perché più finanziata, dà il via a ricerche pure che trovano maggior ascolto se in sintonia con le mode.
La tecnica è allora il potere moderno, il fenomeno di cui i filosofi non possono far a meno di occuparsi, da lì parte il bene o il male, la salvezza o la morte, lo sviluppo o l’ambientalismo, la religione o l’ateismo, la crescita o la decrescita.
E come in un circolo virtuoso la filosofia ritorna a dominare.
Semplificando e sintetizzando non possiamo nascondere che anche le discussioni sulla crisi, sulla politica, sul lago, non possono prescindere dalla tecnica e dall’ideologia da essa prodotta.

Certo che per la scuola italiana la tecnica rimane una cenerentola, i pedagoghi di regime non sono ancora riusciti a dargli una dignità di materia nelle scuole dell’obbligo.
Non sono ancora riusciti a trovargli il nome.
Sono passati dalle applicazioni tecniche, alla educazione tecnica, alla tecnologia, per poi farla quasi scomparire in una indistinta disciplina alle dipendenze delle scienze e dell’informatica.
Dominare il mondo con la tecnica o essere da essi dominati comporta scelte importanti che non possono essere rinviate.
Il non fare investimenti in campo tecnico scientifico ci ha già relegato tra quei paesi sotto sorveglianza.
 
Aldo Vaglia