Quel cassone dimenticato
di Fonte: Egidio Bonomi, «Giornale di Brescia», 26 maggio 2012

A Lumezzane Sant'Apollonio, lungo una strada al Passo del Cavallo in località Sassina c'è un cassone metallico completamente avvolto dalla vegetazione e probabilmente utilizzato da diverso tempo per lo scarico abusivo di inerti

 

Ambiente, ecologia, rispetto, sono termini ormai perfino abusati nel lessico quotidiano, ma resiste anche l'abuso opposto, quello che incontra indifferenza circa una coscienza ecologista.


Non parliamo del torrente Gobbia, perché anche questo tema ricalca ormai l'abusato, ma d'una casuale scoperta di quello che ha tutta l'aria d'essere un altro ... abuso.

Dalla frazione Mosniga, a Sant'Apollonio, si dirama l'antica strada sterrata che porta al Passo del Cavallo. Inizia dalla località Sassina, dove ora è stata posta una robusta sbarra per impedire l'accesso ai veicoli, ma difficoltosa da superare perfino ai pedoni, per quanto, al di là, inizi quello che voleva essere un percorso vita e che ora ne è soltanto una parvenza.


Il tratto pianeggiante iniziale della suddetta stradina è tutto affiancato da due siepi: alta, invalicabile a nord, ad altezza d'uomo invece quella sul lato a sud.


Ebbene, proprio da questa parte, sotto la siepe stessa, è abbandonato un grosso cassone metallico, di quelli utilizzati per il trasporto dei rifiuti e colmo di «terra» nera. Che cosa è esattamente? Si tratta forse di rifiuti speciali? Di materiale che necessita particolare trattamenti?


Il cassone ricolmo è sicuramente lì da diverso tempo: a dimostrarlo c'è il fatto che la vegetazione lo ha già avvolto per metà e ben presto lo farà scomparire del tutto alla vista di chi si accosti alla siepe per uno sguardo sulla valletta sottostante.


A una cinquantina di metri più in là si apre un ampio slargo - là dove c'era il vuoto profondo - ricavato con il deposito di inerti (detriti, terriccio, calcinacci e quant'altro) e tempo addietro utilizzato per l'atterraggio di un elicottero privato, divenuto tristemente famoso perché in fase di decollo s'incendiò e uno dei passeggeri tragicamente arse vivo, imprigionato all'interno.


Ebbene, il sito è ancora utilizzato come deposito d'inerti dato che due addetti del Comune, con il loro autocarro, sono stati notati mentre scaricavano appunto degli inerti.


La circostanza lascia pertanto pensare che il grande cassone metallico sia stato depositato volutamente nel punto sopra citato, magari col pensiero d'una provvisorietà che, come spesso accade, diventa definitiva.


E però, alla fine, prevalga un pensiero positivo: può essere che la «terra» (negra come direbbe il Carducci) contenuta nel cassone sia inerte e, di conseguenza, senza pericolo ambientale.

 

Ma allora, se le cose stessero così, perché non scaricarla? «Della presenza del cassone non sapevo nulla - ammette l'assessore all'Urbanistica Capuzzi -, ma già lunedì faremo degli accertamenti».Â