La Beretta sotto accusa
di Erregi

Uno strano traffico di pistole, alcune addirittura ritrovate in Iraq da soldati americani, altre fatte uscire di soppiatto dall’azienda da dipendenti disonesti; poco chiara la vicenda

 
Secondo gli inquirenti, le 16 pistole ritrovate in Iraq, aggiunte alle 4 sottratte da un operaio della Beretta dal magazzino e ritrovate dai Carabinieri, sono solo la punta di un iceberg di 45mila armi, prodotte e vendute dalla nota fabbrica armiera di Gardone VT e in seguito riacquistate dal Ministero dell’Interno.
 
Dopo vent’anni, una serie di rettifiche e sconti sul prezzo finale, quelle armi sono state rivendute ad un cliente britannico e, da qui, alcune pistole avrebbero proseguito il proprio viaggio fino all’Iraq, finendo in mano a ribelli e terroristi.
 
L’accusa della Procura riguarda però non la vendita all’intermediario britannico, bensì la detenzione delle stesse armi, ritenuta illegale:secondo i pm Francesco Piantoni e Antonio Chiappani, essendo quelle pistole a tutti gli effetti armi da guerra, non potevano essere riacquistate dalla Beretta.
 
14 sono finora i soggetti coinvolti nella vicenda, tra i quali Ugo Gussalli Beretta, proprietario della ditta e il senatore Luigi De Sena, all’epoca dei fatti responsabile del dipartimento che stilò il contratto per l’acquisto della partita di armi.
 
Oltre a loro, inquisiti anche alcuni dirigenti dell’azienda e personale del Ministero dell’Interno, comparsi, per ora, solo all’udienza preliminare davanti al Giudice Luciano Ambrosoli, per spiegare anche la discrepanza tra i dati riportati sui registri delle armi e il numero di pistole trovate nei magazzini Beretta.
 
Ma la direzione della famosa fabbrica gardonese, si mostra serena, ritenendo infondata l’accusa da cui si sta difendendo e dimostrando fiducia del buon esito del processo.