“NO TAV”. Ragione o Kaos?
di Aldo Vaglia

Una lotta tra forestieri per decidere se localismi e natura hanno sempre ragione.


Una disputa tra passato e presente che farà piazza pulita di certezze sedimentate, ma non indicherà alcuna via per il futuro, sono le questioni in campo.

Solo il caso ci dirà se l’uscita da questa crisi sarà più civile dell’entrata e il mondo che verrà migliore di quello passato.
Sembra che il collante sia l’ambientalismo e la ragione quella dei difensori della natura.
Il ritorno al diritto dei nativi, una lotta per i bufali e le praterie contro la locomotiva, un sabotare i macchinari, visti come concorrenti del lavoro umano, non portarono fortuna a chi li ha praticati.

Le guerre e la violenza prendono in genere il posto della politica che non sa decidere, lo sterminio degli indiani d’America poteva essere evitato, non era necessario, ma fermare la storia era impossibile allora come forse lo sarà per il futuro.
Agricoltura e industria hanno sfamato 7 miliardi di persone, decrescere non significa solo ridurre i consumi ma ridurre il numero di abitanti, un tempo ci pensavano guerre pestilenze carestie; se all’amore per l’ambiente si accompagna l’amore per la pace, sarà meglio attrezzarsi perché ciò non accada più.
Questo è passato, ma è meglio mantenerne il ricordo.

Il presente si gioca sul fronte dei localismi e del proprio cortile, che i “NO TAV” sono riusciti, intelligentemente, a far diventare il problema nazionale.
Il compito di trovare soluzioni è stato così delegato ai media, alla politica antigovernativa, agli antagonisti, agli anarco-insurrezionalisti, ai centri sociali, ai black bloc, alla destra estrema.
Ai diretti interessati solo il compito di tenere alta la tensione, con gesti come quelli del traliccio e i blocchi stradali.
Una lotta di forestieri del disordine (dipinti come il bene) contro i forestieri dell’ordine mandati a difendere la legalità (dipinti come il male).
Un’informazione in diretta talmente confusa da non disporre nemmeno dei dati per essere oggettiva.
La protesta dei ceti popolari ha trovato un’opinione pubblica disposta, al di là dei giudizi di merito, a mostrare comprensione, era già successo con i forconi, i tassisti, i camionisti.

Il pericolo per il futuro è per la democrazia.
Anche se un po’ acciaccata la nostra democrazia si articola nelle sue tre componenti: democrazia delegata (non ha una grande popolarità in questo momento perché la credibilità dei partiti è a livelli molto bassi), quella diretta dei referendum (il trovare scappatoie per non dar seguito alle pronunzie li ha indeboliti) ed infine quella partecipata (è quella che si manifesta in Val di Susa, minoritaria a livelli comprensoriali, ma in maggioranza localmente). Un giusto equilibrio garantisce l’esercizio dei diritti di ogni cittadino.
Abusare della prima porta alla partitocrazia ed alla casta, della seconda all’assemblearismo e al populismo, della terza ad un dominio delle minoranze.