Il comunismo è morto, ma il capitalismo non sta troppo bene.
di Aldo Vaglia

Si affaccia per le vie di New York e entra nel cuore di Wall Street un vecchio tedesco dalla barba bianca...

 
Non sono solo i giovani di “Occupy Wall Street” che presidiano da tre settimane la piazza e che protestano contro i banchieri che riscoprono l’autore del “Capitale” e del “Manifesto del Partito Comunista”, lo fa il capo della strategia d’investimento della ”JP Morgan Chase “ che in una lettera indirizzata ai clienti Vip della sua banca scrive che: “ i margini di profitto sono ai massimi storici da molti decenni e questo spiega la compressione dei salari”.
 
È quanto, sulla sovrapproduzione provocata dal capitalismo che comprime il potere d’acquisto dei lavoratori, affermava Marx.
Per rendersi conto che la situazione è precipitata e i giovani che da molto tempo non facevano sentire la loro voce  si ribellano in tutto il mondo e non hanno alcuna intenzione di subire una crisi e pagare un debito fatto da altri bastava seguire “l’Infedele” di lunedì scorso.
 
Ciò che colpiva del dibattito che seguiva le immagini di Spagna, Grecia, Cile, Stati Uniti, Israele, dove giovani “indignados” protestavano anche in maniera non troppo pacifica , è che nello studio ricevevano la solidarietà di banchieri, finanzieri, economisti, e che le ricette per uscire dalla crisi non erano molto diverse, perché entrambi gli schieramenti concordavano che il malato grave è il modello di sviluppo.
Nei discorsi convergenti il ”macrofenomeno” Cina, unico paese a cui oggi si possa applicare il concetto di costante crescita, doveva indurre a dei ripensamenti i fautori di questo modello.
 
Tra i giovani a sostenere  l’inutilità della ribellione e l’impegno  per le nuove generazioni a sviluppare questa società, in concordia, veniva da “una nipotina di Mao” studentessa alla Bocconi.
Interessante anche l’intervento dell’operatore italiano che vive in Cina per capire il mondo ormai alla rovescia; i problemi che hanno oggi i cinesi sono quelli della troppa crescita.
Significativo anche il tipo di “shopping” che i cinesi saranno disposti a fare sui beni messi in vendita dall’Italia che li vedranno sicuramente interessati a quelli di elevata resa (autostrade, energia,banche…), non certamente al debito pubblico e al ponte sullo stretto.
 
Al bivio, perché messa peggio di tutti, è l’Italia secondo l’economista Guido Viale e un “default pilotato” è l’unica possibilità che ha il nostro paese per non farsi travolgere da un fallimento inesorabile che con i vincoli imposti da BCE e Draghi sarà inevitabile, ma avverrà quando avremo svenduto tutti i gioielli pubblici.
Le imposizioni per rientrare dal debito -continua Viale- dovrebbero prevedere una crescita costante del 9%cosa assurda per la nostra economia. L’alternativa non è pertanto tra crescita e decrescita, ma tra ciò che si può fare e tra ciò che non si può fare. Crescere del 9% non si può fare.
 
La vendita  dei beni dello stato e i condoni sono “una tantum”  rinviano il fallimento che si ripropone in un secondo tempo quando si è anche privi di capitale a detta degli economisti Costamagna e Alvi ci potrebbero essere entrate sicure dalla lotta all’evasione e dalla patrimoniale.
Ma questo è il governo che ha depenalizzato il falso in bilancio e non è il più adatto a farlo. Ciò che è sconcertante della nostra situazione, aggiunge Costamagna “non è tanto come questi abbiano conquistato il potere, ma come possano mantenerlo”.
 
Ogni crisi sarebbe comunque al buio, perché “l’armata Brancaleone” eventuale sostituto non ha nel frattempo elaborato alcuna alternativa.