Tra destra e sinistra dove si colloca la Lega?
di Aldo Vaglia

Cosa succederà ai leghisti che osano ribellarsi al capo? Se la parte più colta e avveduta esce vincitrice qualcosa cambia, ma senza sfera di cristallo si può solo raccontare ciò che c'è stato.


Per D’Alema era una costola della sinistra, ma l’omino coi baffi le ha sbagliate tutte.
Ha candidato Di Pietro al Mugello, per inglobarlo, tirandosi una serpe in seno, ha perso, per supponenza, la Lega che oltre a riprendere un’alleanza con Berlusconi è franata su posizioni che a  “Dio, Patria e Famiglia” ha aggiunto un’antistorica forma di xenofobia da cui far discendere tutti i mali della società.

Se ai “miti” e all’incertezza delle radici, si aggiunge una prassi non in grado di sviluppare un progetto coerente lasciando che agiscano parole d’ordine scarse di risultati, si può scegliere alternativamente di posizionarsi da una parte o dall’altra secondo la convenienza del momento, ma non si fa politica.
Contrabbandare la difesa di ipotetici mafiosi con il prezzo da pagare alla coalizione, che non è più nemmeno tale, può convincere i fanatici ad oltranza non certo chi ha un minimo di discernimento critico.
Qualche contropartita, segreta e inconfessabile ci sarà, ma il patto scellerato tra i due B non ha come scopo la nascita della Padania.

Tutte le colpe non possono essere addossate ai movimenti che su temi quali: l’irrisolta questione meridionale per la Lega e la giustizia per IDV hanno costruito i loro partiti.
La destra e la sinistra che hanno trovato erano culturalmente indefinite e ambigue e la scelta tra chi potesse meglio interpretare le ragioni costitutive delle due nuove formazioni alquanto difficile. Nemmeno le successive evoluzioni dei due partiti più grossi PDL e PD, che incarnano le due anime delle coalizioni, hanno contribuito a fare chiarezza.

Per avere una visione d’insieme della melassa ideologica in cui s’è impantanata la politica italiana è sufficiente analizzare l’approdo dei tre leader dell’Unione di Centro e scoprirne le origini. Fini ex fascista, Rutelli ex radicale anticlericale, Casini ex DC discepolo di Forlani, stanno nello stesso schieramento, quali possano essere le convergenze ideali tra i tre, se non la difesa di posizioni di potere che oggi viene qualificata con la definizione di “casta”, è di difficile comprensione.
Ciò che si capisce è che loro si riciclano in continuazione e la famosa frase di Tomasi di Lampedusa “cambiare tutto affinché nulla cambi” è molto attuale.

Se tutto è ambiguo e destra e sinistra sono oggi quelle che in modo lungimirante aveva definito Gaber, unico intellettuale che è andato dritto alla sostanza, la speranza di una rigenerazione virtuosa della politica può essere abbandonata.
Eppure non ci vorrebbe molto a stabilire ciò che nei secoli ha culturalmente diviso i due modi di vivere e di pensare.

Tralasciando Marx e accettando di vivere in un sistema economico misto, come il nostro, le due culture sarebbero facilmente distinguibili.
Se si smettesse di chiamare destra e sinistra i due raggruppamenti che per annacquarsi ancora di più si appellano anche al centro, così da definirsi centro-destra e centro-sinistra e si denominassero, come in realtà dovrebbero essere, conservatori e progressisti i riferimenti sarebbero meno confusi e le scelte dell’elettore più ponderate.