Il Cumino
di Erregi

Pianta erbacea che nasce nel Mediterraneo, i suoi semi sono utilizzati come spezia per il loro particolare aroma. È diffuso soprattutto nella cucina indiana, messicana, nordafricana, cubana, mediorientale e dello Xinjiang

Sempre più spesso, ormai, la globalizzazione ci avvicina a piatti e ingredienti provenienti da tradizioni e cucine esotiche: il cumino non fa eccezione. Sebbene la pianta di cumino, anticamente nota come Cumino Romano, della famiglia delle Apiaceae  o Umbrelliferae, abbia avuto origine nella zona del bacino mediterraneo, i semi dai quali si ricava la spezia, non fanno parte della nostra cucina tradizionale.

Le sue foglie sono lunghe dai 5 ai 10 centimetri e produce piccoli fiori di colore bianco o rosa. Ogni suo frutto contiene un solo seme, simile a quello dell’anice o del finocchio, ma più scuro. Le prime testimonianze di utilizzo dei semi per la creazione della spezia, ci arrivano dalla Siria, attraverso la quale il suo utilizzo si diffuse anche in Turchia, Grecia e Spagna.

Gli antichi greci la tenevano sempre in tavola, come facciamo noi oggi con sale e pepe, e questa abitudine si ritrova, tutt’ora, anche in Marocco. Anticamente era diffuso anche in Europa, ma la tradizione del suo utilizzo scomparve nel Medioevo, restando ben salda solo in Spagna e a Malta.

In oriente, questa spezia viene utilizzata anche per curare problemi di stomaco nelle culture più tribali, mentre, più diffusamente, grazie al suo sapore amaro, al suo aroma forte e dolciastro e al suo contenuto di oli essenziali, viene utilizzato per insaporire i cibi. La salsa guacamole messicana, per esempio, dal gusto molto forte e deciso, ha il cumino tra i principali ingredienti. Altro esempio è il curry indiano, formato da un insieme di spezie, tra le quali proprio il cumino.

I benefici per la salute sono molti, dall’apporto di ferro all’aiuto nella digestione. Studi di laboratorio stanno cercando di capire, inoltre, se la spezia possa avere anche utilità nella prevenzione del cancro, notizia che, magari lo riporterebbe in auge anche in Europa.

Nel frattempo accontentiamoci di mangiarlo al ristorante indiano o  messicano, godendoci i suoi effetti benefici e sperimentando piatti diversi da quelli della nostra tradizione: ampliare gli orizzonti non fa mai male.