Quanto sei stufo del tuo lavoro? E quanto è difficile, però, cambiarlo?
di Erregi

Ecco dieci motivi per cambiare un lavoro che non ci soddisfa. Va bene la crisi e la mentalità del “teniamocelo stretto”, ma non ammaliamoci di lavoro

A volte è solo una fase passeggera, una piccola lite con un collega o quel nuovo direttore che non ci piace tanto come l’altro, ma altre c’è un vero problema di insoddisfazione frustrazione di fondo. Ma come essere sicuri che quel lavoro faccia o non faccia al caso nostro?

Secondo la psicologia ci sono almeno 20 indicatori con i quali ci si può orientare. Il primo punto riguarda il grado di sofferenza che andare al lavoro ci causa: se non è solo la stanchezza, il freddo, la poca voglia di guidare nel traffico ma è proprio l’attività in sé che vi limita e vi pesa, allora avete il primo sintomo.Il secondo, conseguenza del primo, è la voglia di fare altre esperienze, di cambiare anche settore o semplicemente di sognare ad occhi aperti di farlo.

Viene poi il fattore gossip: se non potete fare a meno di pensare e parlare male dei vostri colleghi e se li ritenete davvero così insopportabili, allora è un altro punto a favore del cambiamento. Molto legato al tre è il numero quattro: risentimento verso i colleghi, sentimento che vi fa sembrare eterne quelle otto ore passate con loro.

Magari avete anche qualche malessere fisico? Eccoci al punto cinque: molti di noi somatizzano, trasformando in vero disagio fisico ciò che nasce, in realtà, come problema a livello mentale. Se la voglia di non presentarsi al lavoro è tale da farvi davvero venire la febbre, forse, è il caso di dare un’occhiata al Cercalavoro!

Sesto: senso di irrilevanza. Il vostro lavoro non vi sembra utile, o comunque vi sembra di occuparvi del profitto del vostro capo, ma non riuscite a pensare ad un motivo personale e intimo per continuare a farlo. Da qui arriviamo dritti al punto sette: l’entusiasmo se n’è andato, le vostre performance sono più lente e più scarse, non c’è più motivazione, manca lo slancio…e da tempo, ormai?? Forse non è solo il cambio di stagione che vi rende più sonnolenti, ma potreste essere demoralizzati o alienati proprio a causa del lavoro stesso, o meglio, di quel particolare lavoro.

Anche la memoria, al punto nove, ci dà un indicatore di quanto male vadano le cose. Dimenticate spesso le cose? Confondete date e ore pur essendo sempre stati molto precisi e professionali? Commettete errori sciocchi, che non avete mai commesso? E se fosse che il vostro inconscio ha già deciso di andarsene da quell’ufficio e non aspetta altro che anche il corpo lo segua?? Magari non sono tutte e solo dimenticanze, ma atti mancati alla Freud, che dimostrano il nostro grado di esasperazione di fronte alla routine di un’attività lavorativa che, se fossimo incoscienti, lasceremmo senza voltarci.

Al punto nove si parla di istinti e capacità insiti nell’uomo da quando era ancora più scimmia che altro: se viene meno la propositività, allora, forse, sono guai. Se messi di fronte ad un problema non vi viene più automatico scattare per pensare a come risolverlo, allora, forse, è perché non vi interessa che sia risolto. Non avete nuove idee o proposte che siano davvero illuminate, lavorate per inerzia e abitudine, ma senza reale creatività.

Ma, vi chiederete, se il quadro è così nero, perché non mollo tutto e vado a fare il lavoro che sognavo da ragazzino? Ecco che arriviamo al punto dieci: il vostro tanto monotono e scialbo lavoro, è una protezione, una facciata che vi allontana dal rischio del salto nel buio, che temete e insieme amate?

Pensateci, riguardatevi tutti i punti e…lavorateci su!